18 Maggio 2024

Paganese fuori dalla Serie C: le motivazioni della Lega

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La Lega Pro ha svelato le motivazioni che hanno condotto la Covisoc a bocciare la domanda di iscrizione della Paganese. Di seguito il comunicato della Lega Pro:

– visto il Comunicato Ufficiale n. 253/A del 21 maggio 2021;
– visto l’esito della istruttoria svolta dalla Co.Vi.So.C. sulla base della documentazione prodotta dalla
società PAGANESE CALCIO 1926 S.r.l. e su quanto trasmesso dalla Lega competente, a conclusione della quale la Commissione ha riscontrato il mancato rispetto dei “criteri legali ed economicofinanziari” per l’ottenimento della Licenza Nazionale ai fini dell’ammissione al campionato professionistico di competenza 2021/2022, previsti dal citato Comunicato Ufficiale;
– vista la comunicazione in data 8 luglio 2021, con la quale la Co.Vi.So.C. ha formulato alla società
PAGANESE CALCIO 1926 S.r.l. le seguenti contestazioni:
La Co.Vi.So.C., nella riunione del 7 e 8 luglio 2021, esaminata la documentazione prodotta da codesta società e tenuto conto di quanto certificato dalla Lega Italiana Calcio Professionistico, ha rilevato il mancato rispetto di alcuni dei criteri legali ed economico-finanziari previsti per l’ottenimento della Licenza Nazionale ai fini dell’ammissione al Campionato di Serie C 2021/2022, di cui al Titolo I) del Comunicato Ufficiale n. 253/A del 21 maggio 2021.
Si premette che la Società ha presentato un’istanza di transazione fiscale nell’ambito di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi del combinato disposto degli artt. 182-bis e 182-ter della legge fallimentare. Per quanto appurato in corso d’istruttoria la proposta di transazione formulata dalla società ha formato oggetto di un diniego espresso da parte della Direzione Provinciale delle Entrate di Salerno, in data 28 giugno 2021 su conforme parere (del 25 giugno u.s.) della Direzione Regionale delle Entrate per la Campania.

Allo stato, pertanto, non sussiste alcuna adesione dell’Agenzia delle Entrate a transigere i debiti fiscali già oggetto della proposta di transazione fiscale ex art. 182-ter della legge fallimentare e le procedure di rateazione a suo tempo in itinere devono ritenersi irrimediabilmente decadute. Tutto ciò fa sì, quindi, che, alla data del termine perentorio previsto dalla disciplina di riferimento (vale a dire il 28 giugno 2021), la società risulti inadempiente all’obbligo di pagamento dei seguenti debiti fiscali:
– Iva risultante dalle liquidazioni periodiche relative al primo ed al secondo trimestre del periodo d’imposta anno 2019;
– Iva risultante dalle liquidazioni periodiche relative al primo, secondo, terzo e quarto trimestre del periodo d’imposta anno 2018;
– Irap relativa al periodo d’imposta 1° luglio 2016-30 giugno 2017;
– Irap relativa al periodo d’imposta 1° luglio 2015-30 giugno 2016;
– Irap relativa al periodo d’imposta 1° luglio 2014-30 giugno 2015.
Per completezza si evidenzia come avverso il menzionato diniego di transazione fiscale formalizzato dai competenti organi dell’Agenzia delle Entrate la società ha presentato ricorso e contestuale istanza di sospensione alla Commissione Tributaria Provinciale di Salerno, la quale – con provvedimento presidenziale inaudita altera parte del 29 giugno 2021 – ne ha provvisoriamente sospeso l’efficacia fissando l’udienza collegiale per il l 28 luglio p.v.
Circa tale provvedimento la Co.Vi.So.C. è dell’avviso che esso non influisca in alcun modo sull’oggettività degli inadempimenti constati e ciò per plurime ragioni.
Anzitutto detto provvedimento cautelare è stato assunto il 29 giugno u.s. e, quindi, oltre il termine ultimo perentorio previsto dalla disciplina di riferimento affinché la Co.Vi.So.C. possa prendere in considerazione elementi documentali utili ai fini decisori. In secondo luogo, si evidenzia che – come desumibile dall’ordinanza delle SS.UU. n. 8504 del 25 marzo 2021
– il menzionato provvedimento cautelare della Commissione Tributaria Provinciale di Salerno è caratterizzato da un palese difetto di giurisdizione; le Sezioni Unite della Suprema Corte, infatti, hanno ormai sancito che il giudice competente a decidere in ordine all’impugnazione del diniego di transazione fiscale è quello ordinario e non quello speciale tributario (a cui ha invece fatto ricorso la Società nella fattispecie concreta). Da ultimo, si rappresenta che – in ogni caso – il richiamato ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale ha ad oggetto il diniego di transazione ex se (e quindi l’esercizio dello specifico potere ex art. 182-ter della legge fallimentare da parte dell’Agenzia delle Entrate). Risultano, al contrario, del tutto estranei all’ambito
applicativo della richiamata impugnazione sia l’an che il quantum delle menzionate pretese tributarie le quali devono pertanto ritenersi non ritualmente assolte. Peraltro, a tale ultimo proposito, si precisa come – quale che sia l’esito del menzionato procedimento giurisdizionale instaurato dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale – lo stesso non è destinato ad incidere in maniera diretta ed immediata sul quantum dei relativi debiti fiscali. Ciò fa sì che anche un’eventuale dichiarata illegittimità del diniego di transazione fiscale impugnato non equivarrebbe alla statuizione di un obbligo di perfezionamento della procedura ex art. 182-ter della legge fallimentare per l’Agenzia delle Entrate. Quest’ultima, infatti, resterebbe pienamente legittimata a non concludere la procedura o a perfezionarla a condizioni qualitative e quantitative differenti da quelle declinate dalla società nella proposta già oggetto di rigetto. Il che, ogni eccezione rimossa, rende palese – ad avviso della Co.Vi.So.C. – come l’oggetto del contezioso tributario intrapreso dalla società presso la Commissione Tributaria Provinciale di Salerno sia altro rispetto alle obbligazioni tributarie le quali, allo stato, non risultano essere state ritualmente adempiute.
– constatato che, avverso tale decisione negativa, la società PAGANESE CALCIO 1926 S.r.l., nel termine
di decadenza all’uopo fissato dal Comunicato Ufficiale n. 253/A del 21 maggio 2021, ha presentato
ricorso;
– esaminato il ricorso proposto e le ragioni addotte dalla reclamante;
– visto il motivato parere contrario espresso dalla Co.Vi.So.C., le cui ragioni di seguito si trascrivono:
In prima istanza, va evidenziato che con la richiamata nota dell’8 luglio 2021 (cit. all. 1) la Co.Vi.So.C. evidenziava come la Società avesse adito gli organi della giurisdizione tributaria a fronte del provvedimento negativo opposto dall’Agenzia delle Entrate ancorché le SS.UU. della Corte di Cassazione avessero di recente affermato (nell’aprile del 2021) che le liti circa tale species di provvedimenti erariali devono intendersi devolute alla giurisdizione ordinaria. A fronte di tale censura, invero, gli argomenti sviluppati dalla Società non sembrano cogliere nel segno. La
ipotetica competenza del giudice tributario (in contrapposizione a quanto desumibile dalla richiamata recente pronunzia delle SS.UU. della Corte di Cassazione), infatti, risulta affermata sulla scorta di precedenti giurisprudenziali tutti anteriori al menzionato precedente di legittimità sicché appaiono del tutto irrilevanti. Del pari non parrebbe condivisibile la considerazione (pure lungamente sviluppata in sede di ricorso da parte della Società) in forza della quale la richiamata decisione della Suprema Corte sarebbe inconferente rispetto alla fattispecie concreta in quanto nel caso di interesse non si prevederebbe un coinvolgimento del giudice fallimentare (come, di contro, avveniva nella vicenda oggetto del richiamato precedente delle
SS.UU. della Corte di Cassazione). In realtà, l’art. 182-bis L.F. (che disciplina la fattispecie dell’accordo di ristrutturazione a cui avrebbe dovuto afferire la transazione fiscale presentata dalla Società anche se – come detto – la relativa procedura non è ancora stata formalmente esperita), prescrive senz’altro il coinvolgimento del giudice ordinario; con la conseguenza che l’ipotetica diversità di fattispecie prefigurata dalla Società nel proprio ricorso non appare, in realtà, concretamente ravvisabile. Da ultimo, poi, sempre in relazione all’identificazione del giudice competente a decidere in ordine ai provvedimenti di diniego di transazione ex art. 182-ter L.F. non appaiono dirimenti le considerazioni de iure condendo formulate dalla Società in ordine ad un potenziale revirement ermeneutico da parte delle SS.UU. della Suprema Corte. Si tratta, infatti, di considerazioni meramente ipotetiche che esprimono al più un auspicio futuro (in assenza di una decisione di segno contrario) e che – allo stato – non possono con tutta evidenza essere prese in considerazione ai fini decisori. Ciò detto in ordine all’identificazione del giudice competente a decidere della lite introdotta dalla Società, la Co.Vi.So.C. ritiene che anche il motivo di censura incentrato sulla natura della lite, pur evocativo, non possa essere accolto come tale. In particolare, l’argomento secondo cui l’impugnazione del provvedimento negativo formalizzato dall’Agenzia delle Entrate rappresenterebbe una lite sulle obbligazioni tributarie sottostanti non appare del tutto pertinente. Va precisato, infatti, come non sia controvertibile che con la propria proposta ex art. 182-ter L.F. la Società non abbia affatto censurato i presupposti delle relative obbligazioni tributarie di talché i corrispondenti debiti devono considerarsi scaduti con conseguente esigibilità dei pertinenti crediti fiscali. La proposta presentata, quindi, mirava esclusivamente a conseguire una falcidia (id est una rimessione del debito) che l’Agenzia delle Entrate avrebbe potuto concedere laddove – valutata la complessiva situazione nell’esercizio della propria discrezionalità amministrativa – avesse ritenuto una tale soluzione utile per gli interessi erariali secondo il modello richiamato per i debiti privilegiati dall’art. 161 del L.F.. Il che non è avvenuto in presenza di un diniego espresso ampiamente motivato ed argomentato. Ciò detto, quindi, appare palese come il contenzioso instaurato dalla Società (dinanzi al giudice tributario che prima facie risulta incompetente ad avviso della Co.Vi.So.C.) presenta un thema decidendum differente dalle obbligazioni tributarie inadempiute; un oggetto sintetizzabile in una richiesta di rimessione del debito tributario, certo ed incontestato, a cui l’Agenzia delle Entrate non ha ritenuto di dovere accedere a prescindere da qualsiasi considerazione in merito al procedimento adottato. Del resto, la diversità dell’oggetto del contenzioso introdotto dalla Società rispetto ai rapporti tributari oggetto di inadempimento è testimoniato dalla circostanza tale per cui – ove pure il provvedimento negativo formalizzato dall’Agenzia delle Entrate dovesse essere giudicato illegittimo con una pronunzia definitiva – l’effetto immediato non sarebbe affatto (come, di contro, parrebbe suggerire la Società nel
proprio ricorso) una automatica falcidia dei crediti fiscali nei termini declinati nella proposta di transazione ex art. 182-ter L.F.. Ci si troverebbe, al contrario, dinanzi ad una mera affermazione di illegittimità dello specifico potere discrezionale esercitato nella fattispecie concreta dall’Agenzia delle Entrate senza alcun diretto ed immediato impatto sulle obbligazioni tributarie sottostanti. È intuitivo, infatti, che – in ipotesi di una dichiarata illegittimità della volontà di non rinunziare ai propri crediti da parte del Fisco – non vi sarebbe alcun obbligo in capo allo stesso di falcidiare le proprie pretese nei confronti della Società secondo la proposta del contribuente ma solo l’obbligo di riesaminare la specifica vicenda nell’esercizio della discrezionalità amministrativa attribuita al soggetto attivo dell’obbligazione tributaria dal richiamato art. 182-ter L.F.. Ne consegue, quindi, che indipendentemente dalle sorti dello specifico contenzioso, allo stato non v’è alcuna certezza né che possa essere effettivamente raggiunto un accordo fra le parti del rapporto impositivo ai sensi dell’art. 182-ter L.F. né che vi possa essere una falcidia nei termini economici auspicati dalla Società (e, dunque, non v’è certezza che possa realizzarsi l’unica condizione che renderebbe concretamente sostenibile il piano finanziario che la ricorrente avrebbe in animo di presentare al Tribunale competente ma, come menzionato, non sembra che abbia ancora formalmente presentato). Il che, ad avviso della Co.Vi.So.C., rende irrilevante l’instaurazione del contenzioso dinanzi al giudice tributario da parte della Società e ciò anche a volere trascurare la rilevata incompetenza della giurisdizione tributaria di cui si è detto e degli specifici motivi di impugnazione declinati in tale sede.
– tenuto conto che, sulla scorta del suddetto parere che costituisce parte integrante del presente provvedimento, la società PAGANESE CALCIO 1926 S.r.l. non ha soddisfatto tutte le condizioni e i
requisiti richiesti per l’ottenimento della Licenza Nazionale per la stagione sportiva 2021/2022, ai fini dell’ammissione al campionato di competenza;
– su proposta del Presidente Federale, visti l’articolo 12 della legge n. 23 marzo 1981, n. 91 e gli artt. 3,
8 e 27 dello Statuto Federale

                                                                                                                                                 h a d e l i b e r a t o
di respingere il ricorso della società PAGANESE CALCIO 1926 S.r.l. e per l’effetto di non concedere alla medesima società la Licenza Nazionale 2021/2022, con conseguente non ammissione della stessa al Campionato di Serie C 2021/2022. Il presente provvedimento è impugnabile con ricorso innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport pressoil CONI – Sezione sulle competizioni professionistiche – da proporsi nei termini e con le modalità previsti dall’apposito Regolamento, emanato dal CONI, con deliberazione n. 1667 del Consiglio Nazionale del 2 luglio 2020 e pubblicato sul sito del CONI.