di somma avellino

Il suo nome è stato accostato di nuovo all’ambiente. Salvatore Di Somma, ex direttore sportivo dell’Avellino, ha rilasciato alcune dichiarazioni ai microfoni de Il Mattino:

“L’Avellino per me non è mai stata una questione di soldi. Niente e nessuno potrà mai spezzare il mio legame con la maglia biancoverde. Sarei tornato di corsa, se ne faccia una ragione chi denigra e distorce la realtà. Non vivo per lucrare sull’Avellino, qualcuno mi esaltava per la carriera da giocatore ma da direttore avrei fatto i danni. Anzi, qualcuno si è preso addirittura i meriti di alcuni miei successi. L’Avellino che vinse il campionato con Vullo l’ho costruito io, ero il direttore dell’area tecnica. Ho portato ad Avellino il compianto Cecere, i vari Molino, Marra. Poi portai Biancolino, De Simone e Vastola, quando la Cavese non si iscrisse. Nel 2019, mi chiamò Mauriello, ho costruito l’Avellino sul baratro del fallimento con soli 900mila euro lordi. Stipendio? Nulla. Arrivammo ai playoff e solo perché c’era l’obbligo, sottoscrissi un contratto al minimo federale di 1.200 euro al mese.

Questo vuol dire speculare sull’Avellino? Sui social mi hanno mortificato, andando sul personale. Sono stato male, mi hanno definito addirittura miserabile. Ma le chiacchiere stanno a zero. Nel 2021 siamo arrivati terzi, a pari punti col Catanzaro e in semifinale playoff. L’anno dopo sono stato esonerato insieme a Braglia, senza capire il perché. Eravamo quarti e avevamo perso solo 3 partite. Mi dispiace, perché non sono un ronzino ma un purosangue. Mi sarebbe piaciuto fare la mia parte per riportare serenità all’ambiente. Ma il mio rapporto con la famiglia D’Agostino vive di un bene sincero che va oltre il calcio. Stimo dal profondo del cuore la famiglia D’Agostino. Perinetti? Siamo grandissimi amici, dai tempi della Serie A degli anni ’80. Ha fatto la storia del calcio italiano. Braglia? Il secondo anno abbiamo fatto confusione, in particolare sui moduli. Ma avevamo solo bisogno di tempo come lo ha avuto il Catanzaro”.