Antonio Conte, allenatore del Napoli, ha parlato in conferenza stampa alla vigilia del match contro il Cagliari.
Lei viene considerato l’esperto in queste situazioni, ma sarà una serata differente. Quali sono le sensazioni?
“Senza dubbio tanta voglia di scendere in campo, arriviamo da una stagione decisamente impegnativa e chiaramente potrebbe rappresentare l’ultimo incontro che conclude un’annata per me in una nuova realtà, un contesto inedito, dove sentiamo con forza la responsabilità di donare a Napoli, ai sostenitori, qualcosa di importante e memorabile”.
Il Napoli è stato spesso in vetta. Se andrà come tutti sperano, avrà prevalso la squadra più valida o più abile?
“Parlo sulla base del mio vissuto, che mi ha sempre insegnato che trionfano le squadre che hanno meritato di più e che lo hanno dimostrato. Parliamo di 38 giornate, non di tornei brevi — anche se ormai non sono più così corti — dove influiscono il sorteggio, le assenze per squalifica o infortunio, e possono emergere sorprese. In un campionato lungo contano continuità, rendimento, gestione delle difficoltà. Nei tornei ridotti hai meno margine”.
Lei è considerato un esperto. Domani servirà più audacia, umiltà, capacità di resistere o cos’altro? C’è rammarico per non poter essere in panchina?
“Posso essere esperto tanto nelle vittorie quanto nelle sconfitte. La mia carriera è lì da vedere, se osservate ciò che ho perso: tre finali di Champions, una di Coppa del Mondo, una degli Europei, una di Coppa Uefa… potrei continuare. Cerco di essere competente nel sostenere il club e i ragazzi, poi se il nostro massimo sforzo ci porta a vincere, tanto meglio. Ma non voglio che si dimentichi che anche le battute d’arresto mi hanno forgiato, mi hanno dato una corazza dura, a volte persino ruvida, che mi rende severo. Mi dispiace non essere presente, dopo un campionato del genere vorresti stare lì, vicino ai tuoi tifosi a guidare il gruppo. Ripongo piena fiducia nello staff, nei sostenitori, nell’ambiente. Anche se sarò in tribuna, il mio cuore sarà con loro. Anzi, due cuori”.
Che settimana è stata dopo la gara faticosa di Parma? A cosa ha pensato?
“Distrarsi è complicato, riesco solo durante i pasti, forse nemmeno a pranzo, solo a cena. O nel sonno. È naturale: è stata una settimana breve ma intensa, densa di emozioni. Sappiamo quanto la mente possa correre. Abbiamo cercato di concentrarci sul lavoro, sulla preparazione. È l’appuntamento più rilevante dell’intera stagione. Prima parlavamo di partite importanti, questa è quella decisiva, che definisce il livello della nostra annata: se eccellente o straordinaria”.
La situazione degli infortunati? Ci sono segnali di disponibilità, come quello di Jesus. E il dubbio Raspa-Neres?
“Non è cambiato nulla rispetto all’ultima partita, in nessun aspetto: né sul fronte degli infortuni, né sul piano della forma fisica. Chi era in ritardo lo è ancora, chi ha giocato sta nettamente meglio”.
Una gara del genere si affronta con aggressività sin da subito per mandare un messaggio, oppure con maggiore calcolo?
“Non cambia l’approccio: noi iniziamo sempre con intensità, è il mio modo di intendere il calcio. Ho cercato di trasmetterlo fin dall’inizio. A volte riesce meglio, altre meno, anche in base all’avversario. Domani affrontiamo il Cagliari, una squadra di qualità, e dovremo fare la nostra parte, con massimo rispetto per loro. Se li rispettiamo davvero, avremo più possibilità di vincere. Ho anche condiviso con il gruppo la mia esperienza da giocatore: attraverso il vissuto cerchi di trasmettere messaggi importanti”.
Lei ha lanciato ‘amm faticà’, ora le chiedo: camm fa?
“Anche domani servirà impegno, lavoro sia in fase offensiva che difensiva, tutti uniti. Il nostro cammino ci ha portati fin qui proprio grazie al lavoro. Ora bisogna completarlo. Dopo il pareggio con l’Inter dissi ‘se vogliamo, possiamo’. Oggi il gruppo sa benissimo che bisogna concludere quanto iniziato”.
Ha già fatto un bilancio? Che tipo di stagione è stata?
“Senza dubbio molto dura. Alla presentazione a Dimaro dissi: ‘È la prima volta che ricevo prima di dare’. Per me ricevere stima incondizionata fin dall’inizio è stata una spinta forte, ma anche una pressione significativa. Quando senti il dovere di ripagare chi crede in te, in base alla tua carriera, al tuo curriculum, ma senza aver ancora visto come lavori, senti il peso. Tutto ciò che è stato fatto — dalle operazioni di mercato alle scelte — non è stato per me, per soddisfare Conte, ma per il bene del Napoli. Per la sua crescita”.
Questo campionato è stato segnato da un legame profondo tra Napoli e la sua gente. Vuole dire qualcosa ai tifosi?
“Ai tifosi partenopei è difficile dire qualcosa di nuovo. Durante l’anno ho spesso ribadito che possono cambiare calciatori, allenatori, proprietà, ma non cambierà mai la passione smisurata per il calcio e per il Napoli. Non posso che ringraziarli: ci sono sempre stati, nei momenti positivi e in quelli più complicati. Hanno creduto subito in noi. Il mio invito è solo quello di continuare ad essere ciò che sono”.
Ha parlato degli arbitri solo dopo Inter. L’Inter ha polemizzato, ma anche voi avete subito un errore a Parma.
“Quello che dovevo dire, l’ho detto. Mi ha fatto piacere che alcuni arbitri abbiano apprezzato le mie parole, perché il VAR e la comunicazione devono migliorare. Abbiamo arbitri di altissimo livello — lo dico avendo lavorato anche in Inghilterra — ma con il VAR c’è ancora strada da fare. Serve chiarezza: spesso interviene, altre volte no, e io stesso non ho ancora capito in quali casi. Tutti si lamentano quando vengono penalizzati, ma pochi hanno avuto il coraggio che ho avuto io nel dire le cose dopo l’Inter, subendo settimane di attacchi in TV. La differenza la fa chi parla. Devo stare attento: l’eco di ciò che dico è molto più forte rispetto ad altri”.